Contratto scuola

Contratto scuola. Spesso i termini adeguamenti e aumenti sono presentati come se avessero lo stesso significato. Un’adeguata riflessione chiarisce la differenza e anche il triste contesto nel quale si trova il docente.

Contratto scuola, facciamo chiarezza sui termini

Contratto scuola. Fino al 1990 abbiamo avuto aumenti. L’ultimo contratto significativo (1988-90) ha permesso ai docenti di avere in tasca 400.000 lire medi lordi. Altri tempi liberi dal D.Lvo 29/93. Il provvedimento formalmente abrogato (D.Lvo 165/01 art. 72 lettera t), sostanzialmente però  ancora vigente, blinda ogni contratto pubblico al parametro dell’inflazione programmata. Questa è una decisione politica codificata nelle leggi di Bilancio, quella reale (più alta) invece dipende dalla dinamica dei  prezzi. Quindi la normativa costringe il governo di turno a cercare risorse aggiuntive (ad esempio i 300 milioni stanziati dal Governo Meloni).
Riducendo il discorso, da trent’anni la scuola e tutto il comparto pubblico hanno avuto sostanzialmente degli adeguamenti.  Le cifre aggiunte non hanno mai superato il tasso d’inflazione reale. Se poi teniamo presente il periodo di blocco (2010-2018), il gap si allarga.
Da qui si comprende il graduale impoverimento dei docenti che purtroppo dura da quasi trent’anni.
La “responsabilità ” non è però solo del D.Lvo 29/93

I confronti impietosi

Un lavoro condotto dal Centro Studi Nazionale della Gilda, spazza via ogni alibi. Abbiamo perso tanto. Si legge “In 10 anni gli stipendi dei docenti italiani sono calati mediamente del 7% rispetto all’andamento dell’inflazione. Tradotto in altri termini, significa che dal 2007 a oggi le buste paga mensili si sono alleggerite di circa 170 euro lordi.”
Impietoso diventa il confronto con i paesi europei. Si legge sul sito del sindacato Anief: “In Germania e in Francia le cose sono andate ben diversamene. Il lavoratore dipendente tedesco nel 2010 godeva già in media di una retribuzione lorda più alta di quello italiano, collocandosi a quota 35.621 e nel 2017 è salito di ben 3.825 euro quota 39.446 euro. Anche il lavoratore francese nel 2010 guadagnava di più del nostro – era a quota 35.724 – e nel 2017 porta a casa il 5,3 per cento in più collocandosi a 37.622 euro”.

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