La scuola del futuro passa dallo spazio dell’anima…
Nella società liquida, che connota la nostra modernità caratterizzata dall’accorciamento delle distanze, dalla modifica dei confini geografici, dalla perdita di traiettorie esistenziali un tempo certe, insito nella globalizzazione generale, anche lo spazio assume tratti ambivalenti. Si relativizzano sempre più contesti e situazioni e il mutato rapporto tra spazio e tempo sempre più disgiunto tra loro e dall’esperienza della vita quotidiana, incardinano lo spazio in rapporto ai diversi ed emergenti modi dell’apprendere.

Allora viene da chiedersi: quale funzione riveste lo spazio nella società liquida? Quale significato possiamo attribuirgli? Quali le sue finalità? Quale idea di bambino/adolescente abita oggi lo spazio? Lo spazio ri-pensato, rinnovato, riprogettato, diventa oggi culla di relazioni, di interazioni ma anche dei limiti. Lo spazio, non più contenitore che accoglie senza interferenze, ma “mediatore” in cui oggetto/soggetto s’intrecciano fortemente nella trama relazionale che caratterizza i luoghi educativi. Gli educatori di Reggio Emilia, parlano di spazio come contenitore che favorisce il confronto, l’esplorazione, l’apprendimento, ma che ha un “contenuto” educativo, che offre messaggi carichi di stimoli in funzione di quell’apprendimento costruttivo così fortemente auspicato oggi. Si comprende come oggi più che mai la qualità degli spazi va di pari passo con la qualità degli apprendimenti, tanto è che questa prospettiva evocata da Malaguzzi definisce lo spazio come “terzo educatore”. Non possiamo trascurare il fatto che per un bambino lo spazio è in prevalenza vissuto emotivamente in maniera egocentrica :tutto ciò che gli sta intorno si organizza in funzione dei suoi bisogni, delle sue emozioni, dei suoi desideri ,delle sue azioni. E in quello spazio, costruisce autonomamente una serie di percorsi e attività, che acquistano significato; lo spazio diventa una forte conferma dell’identità personale. Dunque lo “spazio dell’anima” che si cerca di scoprire per imparare a riconoscere la propria anima…

Chiaramente la progettazione degli ambienti educativi, prende forma da ciò che siamo, dalla nostra cultura, alla nostra esperienza e dalla nostra formazione e perché no dalla nostra anima. Infatti, come ci racconta Carla Rinaldi, lo spazio nella e della scuola è un elemento costitutivo per la formazione del pensiero e possiede un linguaggio forte e incisivo. Il linguaggio spaziale è multisensoriale, coinvolge i recettori a distanza (occhi, orecchie, naso) e quelli immediati (come la pelle, le membrane e i muscoli), (Rinaldi, 1998). Da questi assunti sul rapporto tra riorganizzazione degli spazi e trasformazioni dei sistemi scolastici, emerge che «la scuola del futuro passa anche da un nuovo modo di riorganizzare le aule, cambiando totalmente la disposizione delle classi odierne, organizzate con file di banchi predisposti per una lezione frontale. Una scuola che si limita a trasmettere il sapere, è una scuola obsoleta e superata soprattutto perché oggi è popolata da un coacervo di bambini e ragazzi che apprendono alla velocità della luce e nella loro ricca e sempre crescente diversità rappresentano un bellissimo mosaico. La nuova “architettura educativa” tende a superare il paradigma dell’insegnamento trasmissivo, connesso con la tradizionale aula, in luogo di un sapere cooperativo connesso alla molteplicità di spazi modulari, persone e situazioni.

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