
I docenti tutori e orientatori: sfruttamento di stato
Nell’ambito dei fondi europei assegnati all’Italia con il PNRR, a partire dall’inizio dell’anno scolastico 2023/24 V.le Trastevere prevede di introdurre nelle scuole secondarie di secondo grado ben 40 mila docenti tutor allo scopo, si legge nelle linee guida reperibili al seguente link, di contrastare la dispersione scolastica e ridurre le disuguaglianze sociali e geografiche del nostro Paese.
Perché questo obiettivo possa essere raggiunto con efficacia il ministero ha anche previsto che, ad affiancare queste nuove figure professionali – destinatari, peraltro, di una formazione specifica per svolgere tale incarico –, ci sarà anche il docente orientatore e un più articolato programma di orientamento che si propone di attivare un “processo di apprendimento e formazione permanente, destinato ad accompagnare un intero progetto di vita” – una sorta di fine pena, mai.
L’orientamento diventerà quindi strutturale all’attività scolastica e, sulla falsa riga dell’insegnamento di educazione civica inserito dal ministro facente parte del governo Conte II, prevede l’introduzione di 30 ore annuali per le scuole secondarie di primo grado e per il primo biennio delle scuole secondarie di secondo grado anche extra-curricolari; mentre le 30 ore annuali per il secondo biennio e per l’ultimo anno delle secondarie saranno curricolari.
I moduli per l’orientamento che saranno flessibili e nel rispetto dell’autonomia scolastica, dunque, come per l’insegnamento di educazione civica, saranno svolti dai docenti delle varie materie, riducendo ulteriormente il tempo dedicato allo studio delle stesse; allo stesso tempo, grazie alle risorse del PNRR, potranno anche essere svolte da esperti provenienti da enti locali, centri per l’impiego e finanche da soggetti privati che, infatti, si sfregano le mani al solo pensiero di poter reclutare manodopera per soddisfare le richieste delle aziende.
Inoltre, ogni modulo svolto verrà debitamente registrato in un E-portfolio personale dello studente evidenziando i suoi punti di forza e registrando i suoi progressi nello sviluppo delle sue competenze digitali, delle sue conoscenze acquisite e delle esperienze fatte; una sorta di carta d’identità – o forse, più propriamente una schedatura – dello studente che lo accompagnerà lungo tutto il suo percorso scolastico ed oltre, al quale non potrà sfuggire.
In pratica quel portfolio dello studente, che l’ex ministro Moratti tentò di introdurre invano, più di un decennio fa, per le proteste vibranti del corpo docenti costringendola a ritirarlo, oggi viene imposto senza opposizione alcuna da parte di docenti e sindacati.
Questi ultimi hanno solo manifestato contrarietà rispetto alle differenze che si creeranno tra docenti. In effetti, per rendere appena più appetibile tali incarichi il ministero ha previsto punteggi aggiuntivi sia per le operazioni di mobilità che per la graduatoria interna di istituto ai fini dell’individuazione dei soprannumerari, d’altra parte il docente che si candida a ricoprire tale ruolo deve altresì rinunciare ad eventuali trasferimenti per almeno un triennio dal momento in cui riceve l’incarico e poiché, come spesso accade, a fronte di un carico di lavoro aggiuntivo considerevole non sarà corrisposto un riconoscimento economico di pari misura, era pur necessario offrire un contentino in più. E tuttavia non si capisce lo stupore visto che nel caso, ormai datato e archiviato dei docenti che svolgono la didattica CLIL, si è già consumata ampiamente questa differenziazione che, oltretutto, rappresenta anche una forma di discriminazione acclarata perché i docenti di lingua straniera, paradossalmente, sono stati del tutto esclusi da ogni attività inerente alla didattica CLIL che, appunto, costituisce punteggio aggiuntivo. Tanto più che creano differenze anche le funzioni strumentali, anche queste oramai assimilate e metabolizzate da anni. Infatti, è prassi ormai consolidata aggiungere carichi di lavoro a fronte di retribuzioni offensive per delle figure professionali tra le più preparate della pubblica amministrazione che sono spesso in possesso, oltre che di lauree specialistiche, di master e altri titoli o certificazioni.
Tuttavia, per onestà intellettuale, bisogna anche chiarire che se tale prassi ha avuto successo tanto da consolidarsi nel tempo è sicuramente perché nel comparto scuola sono stati sempre tanti i docenti disposti a sacrificare il proprio tempo e la propria professionalità, sminuendo sia la loro funzione intellettuale che il loro prestigio sociale che passa anche per il riconoscimento economico, accettando – talvolta, persino sgomitando per ottenerli – maggiori carichi di lavoro mal retribuiti per un distorto senso del dovere che, in realtà si configura come travisato volontarismo, non a caso molti parlano di missione dell’insegnamento, particolarmente spiccato tra le docenti, mentre risulta meno significativo tra i docenti; ma anche per una brama di visibilità e potere persino infimo, pur di far parte del cerchio ristretto della nuova dirigenza di stampo manageriale, determinando così, per l’intera categoria, un danno considerevole sia dal punto di vista della percezione del docente da parte della società, sia da quello della retribuzione salariale.
Entrando più nel merito dei compiti previsti per queste due nuove tipologie di docenti, da quanto si evince dai documenti ministeriali, se quelli previsti per il docente orientatore sono di favorire le attività di orientamento per aiutare gli studenti a fare scelte consapevoli per il loro futuro aiutandoli ad individuare quali successivi percorsi di studi intraprendere in linea con le loro aspirazioni, attitudini e progetti di vita mettendoli anche in relazione con le realtà professionali; i compiti del docente tutor si configurano come più impegnativi e variegati, come si può ben intuire dalla seguente schermata:
Al Ministero degli Affari Esteri (miur.gov.it)
Nel caso specifico, tuttavia, sembra più interessante soffermarsi sulla seconda attività descritta che, appare essere, tra le altre cose, uno scopiazzamento mal riuscito delle solite fantasie angloamericane, ovvero quella di fare da consigliere (in effetti, nei paesi anglofoni si chiama counselor, una vera e propria professione a sé, mentre il tutor è colui/colei che dà ripetizioni, quindi ben altra cosa) a famiglie e studenti, guidandoli su vari aspetti della vita scolastica e su come raggiungere quei successi scolastici che spesso sembrano sfuggire ai ragazzi; ma anche di fornire indicazioni sul loro futuro: quale facoltà scegliere (negli Usa, ad esempio, si fanno svolgere test attitudinali a tal fine), se proseguire gli studi, in tal caso dare informazioni sui vari atenei; o se puntare piuttosto sul lavoro e mettere, quindi, gli aspiranti lavoratori in contatto con le aziende del territorio.
Tenendo conto di quest’attività che appare già piuttosto impegnativa e gravosa specie in ragione del fatto che, a differenza dei counselor che operano nelle scuole del Regno Unito o di quelle statunitensi, i nostri dovranno comunque continuare ad insegnare, la domanda sorge spontanea: quando, quando avranno il tempo di insegnare e contemporaneamente affiancare da un minimo di trenta ad un massimo di 50 studenti in qualità di tutor? Quando mai troveranno il tempo costoro per espletare la vera funzione docente? Quella prevista dall’articolo 26 del CCNL, quella che prevede, oltre alle 18 ore di docenza tutte le altre? Quelle per preparare lezioni, verifiche, correggere quest’ultime e contemporaneamente studiare per aggiornarsi?
E no, contrariamente a quanto sostengono in tanti, non è lavoro sommerso!
Quindi? Quando? O svolgi la professione come previsto o fai un altro lavoro, due insieme vengono male entrambi. Oppure, il che mi sembra più probabile, si sta semplicemente dicendo che non serve più insegnare alcunché, basta e avanza una scuola che faccia finta di insegnare tanto l’ignoranza è diventata un valore e non più un deficit da colmare.
E ancora, nei paesi anglofoni i counselor esistono da sempre anche perché le università sono quasi esclusivamente private e gli studenti non si possono permettere di fare scelte sbagliate, non se lo possono permettere economicamente. Da noi dovrebbe essere diverso e un tempo c’era la possibilità di sperimentare senza doversi sentire in colpa. Oggi, purtroppo anche questo è cambiato e le spese delle tasse universitarie sono cresciute così tanto che sembra quasi di pagare rette per università private. Anche su questo bisognerà porsi, prima o poi, delle domande.
Difficilmente, per chi conosce bene lo stato dell’arte della scuola italiana, questi cambiamenti conseguiranno i risultati auspicati dal ministro di turno. Si rileva un aspetto su tutti come esemplificativo di un fallimento annunciato, ovvero, se il tutor, come l’orientatore, dovrà mettere lo studente in contatto con l’offerta occupazionale del territorio e questa è carente, o del tutto assente, nel territorio quale soluzione proporranno questi due nuovi tipi di docenti?
Purtroppo l’esperienza insegna che le modifiche realmente necessarie per contrastare la dispersione scolastica e ridurre le disuguaglianze sociali e geografiche, oltre a mettere davvero lo studente al centro dell’azione didattica sono poche, qui se ne avanzano solo due: la prima è indubbiamente la riduzione del numero di studenti per classi che migliorerebbe anche la qualità didattica; la seconda è l’edilizia scolastica per garantire a tutti gli studenti del Paese spazi scolastici sicuri e ambienti dignitosi. In entrambi i casi vi sarebbe pure l’occasione di creare posti di lavoro, una carenza sempre cogente nel nostro Paese.
Ma è arcinoto che questo tipo di miglioramento è inviso a qualsiasi partito politico perché, di fatto, da trent’anni a questa parte sia i governi di centro destra che quelli di centro sinistra hanno operato solo tagli all’istruzione e nessun investimento strutturale.

Lucia R. Capuana
Bilingue italiano-inglese e scolarizzata negli USA fino al conseguimento del diploma delle scuole secondarie, al rientro in Italia consegue prima il diploma di liceo linguistico e poi la laurea in lingue e letterature straniere moderne presso l’Università di Catania.
Dal 1997 al 2004 ha lavorato come interprete e traduttrice, prima per un’azienda privata e, successivamente, per la Marina Militare statunitense presso vari dipartimenti della base aeronavale di Sigonella in Sicilia concludendo il suo percorso professionale come liaison officer per la polizia militare della US NAVY.
Dal 2005 docente di lingua e civiltà inglese in vari istituti tra cui professionali e tecnici in Sicilia. Da dodici anni in un liceo linguistico in Veneto.
Si occupa di politiche scolastiche da più di un decennio. Promotrice assieme ad un piccolo gruppo di colleghi dell’Appello per la scuola pubblica e, dopo, del Manifesto per la nuova scuola.
È autrice del saggio Trent’anni di “riforme” neoliberiste contro la scuola pubblica” in versione online o acquistabile in versione PDF tramite il suo sito internet: www.lrcapuana.com dove è possibile leggere vari articoli su temi anche didattici.