Ieri 20 Aprile a Chieti Irase Nazionale con Uil Scuola Chieti al Salone Dello Studente

Ieri 20 Aprile a Chieti Irase Nazionale con Uil Scuola Chieti al Salone Dello Studente

21 Aprile 2023 0 Di Diego Palma

CONVEGNO

La maturità oltre il diploma, il valore del titolo per la Generazione Z.

Di seguito l’intervento della Presidente di Irase Nazionale

Capiamo insieme come la scuola è vista dagli Zoomer e il significato della parola “valore” accanto a Diploma di Maturità.
L’etimologia della parola “valore” ci riporta al verbo “significare”, quindi, domandiamoci: “Ha un significato , oggi, per la generazione z , il diploma di maturità? Come possiamo rendere gli studenti consapevoli dell’utilità del Diploma?”
I ragazzi della generazione z , chiamati anche zoomer , secondo la ricerca: ”La scuola che vorrei” promossa da Agia-l’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza(alla consultazione, condotta tra ottobre e novembre 2021 e diffusa a febbraio 2022, hanno partecipato 10.097 giovani tra i 14 e i 18 anni, per la maggior parte iscritti a un liceo (72%) e in prevalenza di sesso femminile 61%), vogliono rispondere nel dettaglio sui problemi delle loro singole scuole: dalle palestre inagibili, all’intonaco che crolla.
I ragazzi Z, chiamati anche zoomer, hanno spiccate doti di pragmatismo. Sono ragazzi che chiedono di dialogare con i loro docenti e con i dirigenti scolastici visti come adulti con cui potere confrontarsi e risolvere insieme i problemi della scuola.
Desiderano una scuola diversa, più spazi utili per laboratori perché vogliono che venga migliorato l’apprendimento sul campo ma anche aule diverse per spostarsi secondo le materie e ambienti innovativi organizzati secondo le attività da svolgere.
Ritengono importante valorizzare gli spazi extra scolastici come musei, biblioteche e impianti sportivi. Vogliono vivere in prima persona la scuola e desiderano poter contribuire direttamente al miglioramento della stessa.
Molto importante per gli Zoomer anche il rapporto tra scuola e territorio: addirittura il 73% ritiene importante la collaborazione tra i due contesti perché migliorare la scuola è importante per migliorare anche tutto ciò che è intorno.


Per oltre l’80% del campione intervistato, le nuove tecnologie, già parte integrante della vita dei ragazzi, dovrebbero essere trasversali a tutti gli insegnamenti. La tecnologia viene infatti considerata più come elemento trasversale che facilita l’apprendimento e la condivisione, che oggetto di un singolo apprendimento.
Generazione Z: multitasking, multiculturali, iperconnessi ma con le idee chiarissime!
La generazione di oggi preferisce sperimentare, esplorare e scoprire la conoscenza.
Imparare facendo fa parte degli approcci educativi più innovativi ed efficaci, quindi un apprendimento attivo attraverso una didattica laboratoriale, una didattica che veda i docenti in un lavoro continuo di interdisciplinarietà, che utilizzino le discipline come “lenti di ingrandimento per guardare il mondo”.
Occorre mettere in discussione i saperi, i confini tra i saperi, le pratiche consolidate, riconsiderando la valenza strategica delle emozioni e degli immaginari individuali e collettivi; in altri termini, è necessario avere come dice Piero Dominici “(anche) il coraggio di rompere equilibri, spezzare le catene della tradizione, abbandonare il certo per l’incerto; scegliere, almeno provvisoriamente, di correre il rischio di essere vulnerabili.”
Recuperare le dimensioni complesse della complessità educativa: l’empatia, il pensiero critico, una visione sistemica dei fenomeni, l’educazione alla comunicazione, oltre a dimensioni volutamente rimosse, come l’immaginario e la creatività. Si può fare solo abitando i confini e le tensioni. Ecco perché è importante:
Rilanciare l’educazione socio-emotiva
Il fattore umano
Ripensare l’umano e la sua interazione con la tecnica
L’ipercomplessità e le “false dicotomie”.
Ricomporre le fratture per riscoprire la complessità.
Ma ancora prima è necessario che si metta a sistema una sinergia tra Università, Scuola e mondo del Lavoro.
L’esame di Maturità che porta al diploma, non deve più solo accertare le conoscenze e le competenze solidamente ancorate alle materie d’insegnamento ma deve accogliere e valorizzare i cosiddetti apprendimenti informali e non formali che, attraverso il richiamo ai Patti educativi di comunità, prevedono “la “giusta” compartecipazione di soggetti diversi al progetto educativo dei cittadini”. Niente di sostanzialmente nuovo rispetto alle sinergie scuola-territorio già ampiamente invocate dall’Europa con le linee-guida promanate nel novembre 2002, quando un gruppo di lavoro formato da rappresentanti di 31 Paesi ha definito i principi comuni per la validazione dell’apprendimento non formale ed informale.
La matrice di tali politiche, da collocarsi nell’ottica dell’apprendimento permanente, è da ricercarsi nel Libro Bianco di Edith Cresson (1995) ed è da questo documento cruciale che dobbiamo partire per fare il punto su una eventuale nuova modalità di svolgimento dell’esame di Stato e per avanzare ipotesi su futuri sviluppi, queste modalità, sarebbe necessario passassero, anche per la scelta, tra gli insegnanti, perché finora il ruolo a loro assegnato è quello di solerti esecutori di politiche per l’education decise altrove e senza una minima consultazione.