
App che sveste le ragazze. Lede il diritto all’immagine
App che sveste le ragazze. La diffusione era inevitabile. L’immagine coinvolge maggiormente la sfera privata della persona
App che sveste le ragazze. Diffusione preoccupante
App che sveste le ragazze. Dopo l’inevitabile gradimento delle chatbot come ChatGPT , l’intelligenza artificiale(IA) compie un passo avanti. Il riferimento è alle app che grazie a algoritmi avanzati e relativamente intelligenti spogliano le ragazze, proponendole senza veli. Ad oggi va per la maggiore Bikini off (Telegram). Ovviamente il tutto è fatto a loro insaputa. Purtroppo il rischio è che questo materiale fotografico venga condiviso nel Web, compromettendo la reputazione online delle vittime. A breve c’è la gogna mediatica che può indurre anche al suicidio. In una prospettiva più lunga può compromettere proposte di lavoro e altro.
Il diritto all’immagine calpestato e cestinato
Siamo di fronte all’ultima trovata di una realtà aumentata, modificata a proprio piacimento. L’altro è annullato e non suscita emozioni in quanto è restituito come oggetto di piacere (La società del dolore, Byung Chuk Han). Il virtuale illude di non avere paletti, dimenticando che al momento prevale ancora la realtà concreta. Questa è fatta di un codice civile e penale che prevede responsabilità e sanzioni. In molti casi sono assenti i genitori, dimenticando la responsabilità educativa. Essi entrano in scena in un secondo momento per difendere i loro figli, come il caso di due quattordicenni che “per gioco, hanno scattato una foto ad una ragazza minorenne, denudandola con l’app, senza che lei fosse d’accordo. Una bravata rischiosa, perché implica produzione e diffusione di materiale pedopornografico che prevede una pena fino a 14 anni di reclusione. Il giudice per le indagini preliminari, ha considerato il fatto che fossero due ragazzini incensurati gli autori della foto e ha dichiarato il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto”.
Pronunciamento da accettare, ma poco comprensibile, se visto dalla parte delle vittime.
Difficile conciliare il comportamento dei ragazzi con il diritto all’immagine della vittima. Il materiale footografico/video sintetizza una serie di dati personali che difficilmente potranno essere cancellati del tutto, confermando la regola dell’immortalità nel Web. L’immagine declinata in una foto, in un video caratterizza maggiormente il profilo privacy di una persona. Ecco spiegato il motivo della sua attenzione in molti documenti legislativi che obbliga le istituzioni, come la scuola a proteggerlo Ne ho parlato diffusamente in un video pubblicato da questa testata, citando la Costituzione, la Convenzione Onu dei diritti dell’infanzia (20 novembre 1989), il Garante della Privacy (A scuola a prova di privacy, 2016) e il GDPR (regolamento europeo per la protezione dei dati personali, 2018), assimilato quest’ultimo nel nuovo Codice Privacy (D. M. 101/18).
PODCAST a cura di Elvira Fisichella

Gianfranco Scialpi, dal 1983 docente di scuola primaria. Dal 1994 svolge attività di formazione su tematiche prevalentemente didattiche. Recentemente ha tenuto corsi di corsi sull’uso delle Tic nella didattica (mappe concettuali) e sulla navigazione sicura nel Web rivolti soprattutto agli studenti. E’ stato preparatore agli esami Ecdl presso il proprio istituto. Ha un blog personale. Qui ha pubblicato in questi ultimi anni 1.700 articoli. E’ articolista presso diverse testate online (OrizzonteScuola, ScuolaInforma e Informazionescuola…). E’ coautore di testi di didattica (Istituto Didattico Teramo). Nel proprio Istituto scolastico ricopre le funzioni di F.S. alle Tic, referente al contrasto al Cyberbullismo e responsabile di plesso. Con il supporto del Municipio 3° e 5° (Roma) ha costituito un gruppo di referenti al Cyberbullismo (2018), che poi ha realizzato un comune regolamento come previsto dalla legge 71/17. Ma la sua attività principale resta quella svolta in aula. Attualmente con 24 fantastici bimbetti.