Circola sui media la notizia che il Ministro dell’Istruzione vorrebbe adeguare gli stipendi degli insegnanti al costo della vita. Su questo si è scatenato, un dibattito, anche feroce, e a tratti surreale, proveniente sia dalla politica, sia dal mondo della scuola. Quello che trovo più sconcertante è il contenuto di alcune considerazioni che provengono da esponenti politici che vedono in queste affermazioni avvisaglie di secessione, di divisione tra nord e sud e di tutte le catastrofi possibili, dimostrando a mio avviso soltanto inadeguatezza.

Lasciando stare le affermazioni del Ministro che non sono altro uno specchietto per allodole per sparigliare- non a caso Matteo Renzi dice nella sua ultima intervista che “questo Governo è tutto chiacchiere e diversivi”. E’ proprio così. Lo dimostra il fatto che non c’è una proposta concreta portata avanti da questo Governo! Bene o male, la maggior parte dei provvedimenti di questa finanziaria è stata predisposta dal Presidente Draghi, quindi di nuovo c’è davvero poco. Ma quel poco che ha causato solo disastri, primo fra tutti la faccenda dei benzinai. Ma quello che mi domando è questo: crediamo veramente che con questo alto livello di inflazione, basti adeguare gli stipendi al costo della vita per aumentare gli stipendi? Innanzitutto vorrei ricordare che la scala mobile è stata progressivamente eliminata dopo l’accordo interconfederale avvenuto nel 1975 di convergere sulla progressiva eliminazione al fine di limitare proprio la crescita dell’inflazione. Invero, secondo voi è davvero possibile che si verifichi il rischio di una divisione tra Nord e Sud Italia, per il solo presupposto che i (presunti) costi bassi nel meridione siano a prescindere un fatto positivo non meritevole di ulteriore approfondimento, magari non so, interrogandoci su perché al sud persiste questo divario in ordine agli stessi stipendi, alla qualità della vita, ai servizi e più in generale all’occupazione?
Allora, io penso che il Paese sia ancora ostaggio di scontri ideologici che da troppo tempo ostacolano le riforme necessarie per fronteggiare i cambiamenti imposti dall’economia post-industriale. Disoccupazione giovani e donne, precarietà, emergenza abitativa, distorsioni distributive, sono questi i problemi veri che non abbiamo ancora risolto.
Insomma, si guarda il dito per non indicare la luna, o per non fare nulla o per far credere che si stia facendo qualcosa. Ma ricordiamoci che la realtà arriva sempre prima di tutto il resto.

Non sono una economista, ma defiscalizzare e abbassare il costo del lavoro sono le uniche azioni concrete che si possono al momento fare se vogliamo dire la verità e se vogliamo portare il paese fuori dalla crisi.

Riguardo la questione più strettamente legata alla #scuola : la verità è che nessuno, al di là di quello che ha indicato l’Europa, sa quello che bisogna fare. La soluzione è far entrare i privati nella scuola? Anche qui si è scatenato un putiferio e non ho capito il perché. Ma nel momento si verifica il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, non si sta automaticamente dicendo che bisogna collaborare con le aziende e con i privati? Oppure, i CFU che bisogna acquistare per fare l’insegnante senza abilitazione non è un esempio di come i privati entrano nelle scuole?
Sapete come la penso, la scuola va riformata, a cominciare dal sistema di reclutamento e di classi di insegnamento. Se non si fa questo non stiamo parlando di niente.

Amici, quindi, qual è la discussione? Davvero non l’ho capita.

 

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