Scrivo dal treno perché non ho tempo per farlo altrove

Scrivo dal treno perché non ho tempo per farlo altrove

20 Gennaio 2023 0 Di Elvira Fisichella

Scrivo dal treno perché non ho tempo per farlo altrove. Forse ce l’avrei pure, uno, due, magari anche tre ritagli di tempo a settimana, ma è il tempo di una pendolare, un tempo stanco, poco lucido, che non ha altra voglia che scorrere lento nel dolce far niente. Per una donna pendolare peraltro “niente” equivale a quel momento in cui, finalmente a casa dopo la razione quotidiana di centinaia di km, ti sei messa in pantofole ed hai già svolto una lunga lista di compiti obbligatori: salutare i conviventi umani e animali, fare un giro per casa a controllare il da farsi, e farlo,  aprire il frigo per ipotizzare una cena con quello che c’è, perché una pendolare prima della prossima spesa finisce quasi tutto, e provvedervi; e dunque quando arriva il “niente” hai già utilizzato le ultime risorse energetiche per le incombenze domestiche, figuriamoci se ne restano per un articolo. Il treno per un pendolare è una seconda casa, per me che ho sempre odiato i mezzi pubblici è una novità, non credevo di andarci d’accordo, ma poi ho capito che il mio problema per il passato non erano gli autobus, la metro o la Circumvesuviana, quanto l’umanità azzeccosa e spesso maleodorante che vi si trova, che a sua volta riporta inevitabilmente ai tentativi di approcci maldestri più o meno leciti subiti da me e da tutte le donne del mondo. Il treno è più sicuro, ognuno al suo posto, e questo risolve. Il problema è doverlo prendere ogni giorno per lavoro, trasformando un trasporto amico in una sfacciata arma di distruzione dell’autostima, perché se hai mal di schiena quando torni la sera ti senti vecchia, e invece non sono vecchia, amico beffardo, sono solo pendolare, senza neanche averlo scelto. Chi sceglie di lavorare lontano da casa ha mille motivi per farlo, ogni giorno ne ricorda uno e va avanti, un docente immobilizzato non ne ricorda alcuno perché non ha scelto, e di motivi non ne ha.