
Ciao pedagogista “democratico”, voglio fare un gioco con te
Prendi una classe di 30 alunni, una prima di liceo scientifico. Prendila per cinque anni, non per cinque ore. Prendi tutti i relativi curricoli, italiano, latino, scienze, inglese, matematica, fisica, filosofia, storia, geografia, storia dell’arte, religione, scienze motorie e svolgili. Non parliamo di chiacchiere, ma di temi, di scrittura, di pensieri complessi e grammatica, di sottili e astratti concetti filosofici che nascono, si evolvono e si confrontano nei secoli, di eventi storici che hanno plasmato il mondo e gli uomini, di conoscenze sul mondo naturale, di derivate e integrali, di riflessioni su come l’astrazione matematica riesca ad esprimere ed a suggerire le leggi della natura, insomma, di capire come siamo usciti dalle caverne per arrivare su Marte, inventando nuove regole per rispettarci tutti e non autodistruggerci. Ovviamente non dimenticarti di tutte le verifiche, i recuperi, i consigli, le riunioni, i progetti, i PCTO, gli incontri, i webinar, gli orientamenti, i moduli, le griglie e tutti i documenti da redigere.
Ci sei? Bene. Adesso fai tutto questo e ricorda: per cinque anni, dalla prima fino all’esame di Stato, non per una sperimentazione di tre lezioni. E lo devi fare con i tuoi metodi democratici, con gli alunni in circolo, magari sul prato della scuola, che discutono due ore, democraticamente, solo per decidere, loro, quale autore, filosofo, teorema o legge fisica preferiscono studiare, naturalmente senza alcuna cognizione di causa su nessuna di queste cose e senza nessuno che gliele spieghi, perché la trasmissione del sapere è roba vecchia e loro devono costruire da soli i loro saperi. E non barare, perché noi ti guardiamo! Guai a te se provi a interrompere Paolino che vuole riscoprire da solo le equazioni di Maxwell nel laboratorio, dicendogli che hai fretta, che devi interrogare 30 persone (e tra 3 settimane ci sono gli scrutini), magari facendogli notare che i migliori scienziati del mondo ci hanno messo più di due secoli per scriverle e che quindi difficilmente lui ci riuscirà prima che il tempo sgretoli il laboratorio e la scuola stessa. Guai a te se gli metterai fretta! Perché il sapere, per essere autentico, deve essere costruito da zero, con la didattica laboratoriale. Poi, quando avrai finito, dopo cinque anni, verremo noi.
E interrogheremo un tuo alunno! Metteremo alla prova la sua capacità di argomentare, di calcolare, di astrarre, di ragionare, di parlare e di scrivere. Ma indagheremo anche la sua cultura (sai, quella cosa che ci distingue dagli animali) e verificheremo anche se è consapevole della prospettiva storica, della tortuosità e complessità del cammino lungo cui si è sviluppata, o se crede invece che la cultura si risolva in dieci mappe concettuali appiattite in un eterno presente. E poi confronteremo tutte queste sue capacità con quelle di un gibbone. E allora, ad ogni somiglianza sospetta tra il tuo alunno ed il gibbone, ti verremo a cercare e te ne chiederemo conto; ad ogni sguardo perso nel vuoto del giovane “democraticamente” formato, noi cercheremo il tuo di sguardo e ti chiederemo che cosa gli hai insegnato, che cosa gli hai dato per farlo distinguere dal gibbone, e soprattutto che cosa gli hai negato per farcelo assomigliare.
Pedagogista, a te la scelta, insegnare o “democratizzare”.
Enrico Campanelli
Gruppo La nostra scuola
Associazione Agorà 33

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Caro professore, sai che nelle scuole Montessori gli studenti a 8 anni sono in grado di scegliere cosa e come studiare, e non a caso, ma sapendo quello che fanno?
Che un poco più grandi sono in grado di riscoprire la matematica da soli, cosa che tra l’altro è l’unico modo di capirla?
Magari non è la pedagogia democratica il problema, ma la pedagogia di primo ottocento ancora usata nel 2022.
Chi insegna oggi nella scuola italiana o è in buona fede (cioè non sa cosa sta facendo) o è complice.