
Il voto è un dovere civico, se si è messi nella condizione di esprimerlo
All’indomani delle elezioni, con un risultato incontrovertibile che ha affidato al centrodestra e alla sua leader Giorgia Meloni le sorti del nostro paese, nascono spontanee un paio di riflessioni. La prima in assoluto è data dai dati di Eligendo. Risulta infatti con chiarezza che in queste consultazioni 17.935.403 elettori non hanno votato. In pratica quasi il 40% degli aventi diritto non ha espresso la propria volontà. È impossibile non essere d’accordo con il Presidente di APIDGE, l’Associazione degli insegnanti delle Scienze giuridiche ed economiche Ezio Sina, che in una sua riflessione post voto ribadisce il seguente pensiero: “Astensionismo è il virus che spegne la democrazia”. Si tratta forse del partito più rappresentativo della volontà popolare?
Se così fosse si dovrebbe parlare di autentica rivoluzione. Pare tuttavia molto fondata la percezione che in tanti non abbiano chiaramente compreso la logica del dettato costituzionale, né le conseguenze più immediate del loro comportamento. Il rischio, sostiene qualche politologo, è simile a quello di un virus che potrebbe scardinare le stesse logiche democratiche su cui si fonda la nostra Repubblica. Eppure questa minaccia secondo Sinna si può prevenire, anzi sconfiggere, iniziando proprio da quando si va a scuola, quell’istituzione (Calamandrei) dove sarebbe importante che i cittadini apprendano i concetti di Stato, di cittadinanza, di solidarietà. Inizierei anzi in primis dallo Stato e dalla politica, che spesso, con slogan e grandi frasi a effetto, urlano a gran voce l’importanza del voto come dovere civico, come ricorda l’art. 48 della nostra Costituzione.
“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età [cfr. artt. 56 , 58 , 71 c.2, 75 cc. 1, 3 , 138 c. 2 , XIII c.1]. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge [cfr. artt. XII c. 2 , XIII c. 1]”.
Invito i lettori, traditi come me da questi diritti fondamentali, a riflettere che tra il 40% degli aventi diritto che non ha espresso la propria volontà ci sono tutti i lavoratori fuori sede. Tra questi tantissimi insegnanti, immobilizzati, vincolati o no, i ricercatori, i dirigenti scolastici e il personale della scuola in generale e soprattutto l’anima della scuola, gli studenti, anch’essi in gran numero fuori sede. Da qui sorge spontanea la seconda riflessione, che potrebbe entrare in polemica con certa stampa specializzata la quale sostiene che il mondo della scuola abbia fatto una rapida inversione a destra. Su questo ognuno di noi può valutare le effettive motivazioni. D’altro canto quando la scuola si mobilita può fare davvero la differenza, come ha dimostrato abbondantemente nella storia repubblicana. È però importante mettere in evidenza che tra i lavoratori fuori sede non ci sono solo tutti coloro che appartengono al mondo della scuola; ci sono anche gli “invisibili”, i lavoratori stagionali, tutti i lavoratori del mondo della ristorazione. D’altronde è la prima volta della storia della Repubblica che si è votato a settembre, addirittura in un solo giorno.
Secondo l’ISTAT nel nostro Paese si stima che siano circa 4.9 milioni le persone cui viene sistematicamente preclusa la possibilità di esercitare il diritto di voto. Si tratta soprattutto di giovani tra i 18 e i 35 anni che si spostano per motivi di studio o alla ricerca del primo impiego. Moltissimi di loro provengono dalle regioni del Sud, dalle quali sono costretti a emigrare verso il Nord Italia a causa delle scarse opportunità offerte nei loro territori. Ci sono comunque eccezioni, determinate categorie di lavoratori, come gli appartenenti ai corpi militari, alle forze di polizia, ai vigili del fuoco e ai naviganti (marittimi o aviatori), che possono già votare al di fuori del proprio comune di residenza in occasione di elezioni politiche e di un referendum. Qui entra in ballo di nuovo Calamandrei, che sosteneva:
“La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l’ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue […]”.
Il personale scolastico potrebbe avere le stesse deroghe e lo stesso trattamento delle categorie sopracitate, se consideriamo la scuola un organo di Stato. Il voto a distanza è garantito già da anni in altri paesi europei. In Svizzera, in Spagna e in Irlanda è possibile votare per corrispondenza; in Francia e in Belgio si può delegare il voto a un’altra persona; in Danimarca si può votare in anticipo, in un seggio speciale allestito per l’occasione presso il luogo in cui si è domiciliati; in Germania è ammesso sia il voto per corrispondenza sia il voto in un altro seggio; nei Paesi Bassi c’è la possibilità di delegare o di votare in un altro seggio. L’Italia è l’unico paese europeo a non permettere il voto ai fuori sede. Per non parlare di tutte le deroghe che sono state fatte in periodo pandemico:
“Negli Stati Uniti, il presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, autorizzò formalmente per un periodo di 45 giorni la possibilità per i membri della Camera di esprimere il proprio voto a distanza, a causa della pandemia di coronavirus”.
“Unione Europea, il 20 marzo il Parlamento Europeo aprì alla possibilità di procedere a votazioni da remoto, via mail. Nella sessione plenaria straordinaria del 26 marzo 2020, a Bruxelles, furono quindi 687 i membri del Parlamento europeo (su 705) che votarono a distanza per la prima volta. In quell’occasione furono approvate tre proposte urgenti che contenevano la risposta dell’Unione Europea all’emergenza Covid-19”.
Potrei continuare all’infinito prendendo a esempio la Spagna, il Brasile, l’Argentina e così via. Nel corso degli anni sono stati tantissimi gli impegni presi dai governi che si sono succeduti e altrettanti i disegni di legge presentati in Parlamento. Alla Camera non è mai partita una proposta di legge che avrebbe permesso, se fosse stata discussa, il voto a distanza già a partire da queste elezioni politiche. Non si può perdere più nessun voto. Un diritto non garantito è un diritto violato, non solo in tempo di pandemia ma ogni qualvolta ci sia la necessità di esercitare lo stesso. Vorrei concludere richiamando le posizioni dell’associazione APIDGE, che fa appello ai parlamentari neoeletti e al nuovo esecutivo per riconsiderare l’importanza dello studio del diritto e dell’economia politica in tutti i percorsi didattici dell’istruzione sottolineando che occorre offrire a tutti i cittadini le stesse opportunità di partecipazione alla vita sociale. Lo studio della Costituzione Italiana deve diventare l’essenza di ogni apprendimento. È giunta l’ora di approvare un disegno di legge per consentire di votare a distanza alle elezioni amministrative, politiche, europee e ai referendum. Occorre insomma un disegno di legge che non opponga il diritto al voto al diritto al lavoro, al sostentamento della famiglia, al diritto e alla volontà di sentirsi davvero un cittadino italiano.

Diego Palma, docente, giornalista, scrittore, attivista sindacale, presidente dell’Associazione di Promozione Sociale “La Voce della Scuola LIVE”, Direttore del giornale online “La Voce della Scuola”.
Opere pubblicate: Il mio nome è nessuno (2019) • La Scuola Secondo Me… (2018). Riconoscimenti: “Primo Classificato” al terzo premio letterario Giulio Angioni – Guasila 2019, con il racconto “Il viaggio di Adom”.