Inizia un nuovo anno scolastico, un profluvio di auguri, incoraggiamenti, buoni propositi, proclami – tra retoriche istituzionali e difficoltà reali –

Inizia un nuovo anno scolastico, un profluvio di auguri, incoraggiamenti, buoni propositi, proclami – tra retoriche istituzionali e difficoltà reali –

12 Settembre 2022 0 Di Anna Angelucci

Inizia un nuovo anno scolastico. È un profluvio di auguri, incoraggiamenti, buoni propositi, proclami. A breve, non mancheranno le cronache dei discorsi, delle visite ufficiali, delle cerimonie compiaciute, delle strette di mano e delle carezze ai più piccoli di ministri e presidenti. Con l’accompagnamento, in questo settembre 2022 di campagna elettorale inconsistente e surreale, dalle dichiarazioni inverosimili dei pochi esponenti politici che hanno accesso ai canali d’informazione più diffusi. I soliti noti, quelli che da anni promettono, governano e peggiorano le condizioni della scuola per tutti, studenti e docenti, ma che non si vergognano di continuare a millantare roboanti investimenti futuri. Agli altri, ai coraggiosi candidati dei nuovi movimenti nati dal basso per farsi interpreti dell’inversione di rotta che la scuola e il paese davvero meriterebbero, non è concesso alcuno spazio nel mainstream. A chi sa per certo che la scuola, per sopravvivere e per assolvere al suo irrinunciabile mandato costituzionale, deve uscire immediatamente dalla catena di produzione del valore in cui l’hanno relegata i cantori del ‘capitale umano’ non è data possibilità di parola.

Così siamo costretti a sentirci dire in cinemascope che le classi pollaio non esistono (mentre gli uffici scolastici regionali continuano a derogare dalle norme sul limite massimo di studenti anche in presenza di gravi disabilità), che i nostri stipendi saranno aumentati di centinaia di euro al mese (mentre, in regime di vigenza del Dlgs 29/93, gli aumenti nel pubblico impiego non possono superare l’inflazione programmata), che la percentuale del PIL destinata all’istruzione raggiungerà i livelli dei paesi europei più avanzati (mentre Eurostat ci posiziona all’ultimo posto su 31 paesi europei e un governo uscente che dichiara di lavorare “per una pace in Ucraina” stanzia miliardi di euro per l’invio di armi). Contemporaneamente si avvolgono in un assordante silenzio le aberrazioni di concorsi per dirigenti e per docenti realizzati e gestiti – nel merito e nel metodo – con modalità sempre più illegittime, le irregolarità della gestione ministeriale dei fondi destinati alle istituzioni scolastiche stornati a vantaggio di interessi personali e privati di dirigenti interni e appaltatori esterni, le anomalie delle spese dell’istituto preposto alla valutazione del sistema scolastico che, nella relazione della Corte dei Conti, presenta “criticità” contabili e gestionali che forse varrebbe la pena approfondire, mentre ci resterà ben impressa nella memoria fotografica collettiva l’immagine di tanti, inutili banchi a rotelle comprati e mai usati: centinaia di migliaia di euro di soldi pubblici accatastati negli scantinati.

Da oggi e nei prossimi giorni, studenti e insegnanti sciameranno nelle stesse vecchie scuole troppo calde d’estate e troppo fredde d’inverno che abbiamo lasciato al termine delle lezioni di giugno, degli scrutini e degli esami di Stato. Con le stesse porte che non chiudono, le finestre piene di spifferi, i rubinetti che perdono; con le stesse palestre poco attrezzate, i laboratori rimediati, i corridoi stipati per improvvisare aule Covid e sportelli di recupero e sostegno; con gli stessi migliaia di insegnanti che mancano all’appello di un ministero sempre più incartato nei gangli della burocrazia e dell’inefficienza, ostinato nel mantenimento illegittimo di un precariato intellettuale di docenti ‘usa e getta’ che è incapace di stabilizzare con criteri di merito rigorosi e trasparenti, mentre il frullatore della nomina dei supplenti è erroneamente congegnato da algoritmi mal programmati di cui nessuno mai si assume la responsabilità.

Ma in compenso, in molte scuole arriveranno a breve lavagne touchscreen di ultima generazione, a rimpiazzare LIM appena acquistate e già obsolete, in ossequio alle leggi di un mercato digitale che impone continui approvvigionamenti tecnologici come condizione di utilizzo dei suoi strumenti e che ha trovato nel sistema di istruzione, un tempo al riparo dagli appetiti economici di interessi privati, un vasto terreno di colonizzazione e di conquista.

Sul nuovo anno scolastico grava la spada di Damocle del PNRR: la missione 4, destinata a ‘Istruzione e ricerca’, impone la digitalizzazione dell’intero settore, dalle aule, da trasformarsi in “ambienti digitali”, agli strumenti, alle metodologie didattiche e ai contenuti stessi delle discipline, già “essenzializzati” dai tagli draconiani del duo di centro-destra Tremonti-Gelmini, poi ulteriormente limitati alla loro funzionalità produttiva dalla visione riduzionistica della “Buona scuola” di Renzi e del Partito Democratico. Una digitalizzazione coatta mai accompagnata da una riflessione profonda sulle implicazioni di quello che si configura come un vero e proprio cambio di paradigma, pedagogico e culturale, destinato ad avere profonde ripercussioni sulla dimensione cognitiva e metacognitiva delle generazioni che verranno. Una digitalizzazione coatta che potrebbe minare il significato profondo che abbiamo attribuito per secoli ad una educazione come bildung – esito di un processo di istruzione e formazione – intesa come percorso verso l’uguaglianza, l’emancipazione e la libertà.

Inizia un nuovo anno scolastico. Nel profluvio di auguri, incoraggiamenti, buoni propositi, proclami – tra retoriche istituzionali e difficoltà reali – la scuola può continuare ad avere senso solo laddove docenti e studenti ragioneranno insieme sullo “stato di cose presenti” senza rassegnarsi all’impossibilità di un’alternativa, se coltiveranno insieme il seme del dubbio, dell’incertezza, della riflessione critica su quanto accade mantenendo il desiderio dell’esperienza e praticando, politicamente, il dissenso.