In questo secondo appuntamento de “La Voce della Scuola LIVE”, si affronta la problematica relativa al monitoraggio del possesso del Green pass in ambito lavorativo. La prima ospite ad intervenire è la Senatrice Bianca Laura Granato, de “L’Alternativa c’è”.

Dal 15 ottobre è necessario il possesso del green pass per tutti i lavoratori, sia essi dipendenti che per i lavoratori autonomi. Il DCPM del 12 ottobre stabilisce i criteri per verificare il possesso del green pass. Senatrice, ci parli delle modifiche rispetto al precedente DPCM dello scorso (17 giugno) e soprattutto quali criticità obietta al fatto di essere stata al centro dei recenti fatti di cronaca, con l’interdizione dai lavori di Palazzo Madama.

“Innanzitutto, preciso che contesto i provvedimenti sul green pass in toto, perché per me esso rappresenta uno strumento che non si sarebbe dovuto mai applicare, per mille motivi. Innanzitutto, questi prodotti farmaceutici hanno solo un’autorizzazione condizionata, ed esiste il codice di Norimberga che vieta le sperimentazioni coatta sulle persone, nonché la Carta sui Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. È assurdo imporre l’uso del green pass, per il quale oltre il vaccino, l’unica alternativa è effettuare un tampone ogni 48 ore a proprie spese. In pratica, la mia azione è stata un’opposizione alla violazione di un diritto, che si è tradotta come un’estorsione sui lavoratori, andando contro l’art. 3 della Costituzione. Lo Stato, anziché rimuovere gli ostacoli che impediscono la partecipazione alla vita politica e civile, sociale e lavorativa del paese, ne mette uno. Io contesto il green pass italiano che non dovrebbe esistere. Anche tutte le restrizioni imposte al personale scolastico violano pesantemente la privacy, perché le app con le quali si accerta il possesso del green pass, permettono al DS di avere dei dati sulla validità del green pass anche fuori all’orario di lavoro. Nel DPCM del 12 ottobre sono state prese decisioni per evitare ricorsi, poiché il Governo naviga a vista e si è reso conto dell’intervento non condivisibile, per questo ha cercato di mettere una pezza contro i ricorrenti. Il principio del consenso libero e informato è stato violato. La gente non è libera di esprimere il proprio consenso se è obbligata da questa coercizione a prendere provvedimenti per recarsi a lavoro. Si tratta di un abuso da parte del governo. Il DPCM cancella anche il diritto alla privacy. Il diritto al lavoro è subordinato all’esposizione del green pass. Il DPCM del 6/10/2021, inserito poi come emendamento nel Decreto 127, successivamente scorporato, introduce il principio del ‘superiore interesse pubblico’, forzando anche la normativa europea sulla privacy. Per questo io ritengo che ci troviamo di fronte ad atti gravissimi, che testimoniano uno stato di diritto negato”.


Non crede che il green pass sia comunque riuscito a migliorare la situazione a livello dei contagi, perché ha portato molti indecisi a vaccinarsi e per questo ci troviamo con sale intensive non più piene e stiamo tonando ad una vita normale? È vero che in altri paesi non c’è questa misura, ma è anche vero che alcuni paesi stanno facendo grossi errori della gestione della pandemia. Lei cosa ne pensa?

“Il green pass non è un certificato e quindi non certifica che la persona che ne è in possesso non sia positiva o comunque non possa contagiare. Come si legge anche dagli stessi bugiardini dei vaccini, essi hanno una durata di gran lunga inferiore al green pass. Anche in parlamento abbiamo ascoltato l’esplicitazione di studi condotti ad Oxford, dove su un campione di 96mila soggetti, attualmente, con la presenza delle varianti, i cosiddetti vaccini hanno una copertura del 60%, per cui questa diminuzione dei contagi non è probabilmente effetto del green pass, probabilmente perché una vera ondata ancora non c’è stata, o anche perchè il tracciamento non avviene per le persone vaccinate ecc”.

Sicuramente anche il distanziamento e le mascherine aiutano la prevenzione del contagio. Ma comunque abbiamo assistito ad una riduzione di ricoveri nelle terapie intensive.


“Io non vedo questa conseguenzialità, vedo la diffusione di terapie precoci molto efficaci, come le terapie monoclonali, e con farmaci di prontuario di bassissimo costo, che qualora si intervenga per tempo, evitano le ospedalizzazioni. Finalmente queste terapie sono state approvate dall’Aifa, mentre prima la terapia era costituita da paracetamolo e vigile attesa, quando poi alcuni studi hanno dimostrato che il paracetamolo è addirittura controindicato, mentre la vigile attesa di 72 ore determina la degenerazione della patologia, porta all’aggravamento e alla successiva ospedalizzazione. Se si intervenisse con tutti gli strumenti che la scienza oggi mette a disposizione, credo che si eviterebbero questi abusi normativi, considerato anche che questi vaccini producono gravi effetti collaterali, persino letali, per cui non ritengo che possano essere sponsorizzati come elisir di lunga vita, perché ciò non corrisponde a verità scientifica. Bisogna sempre comunicare degli effetti collaterali, per non costringere le persone a fornire un consenso solo parzialmente informato”.

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