Scuola,Andrea Gavosto e i consigli a Patrizio Bianchi

Scuola,Andrea Gavosto e i consigli a Patrizio Bianchi

Andrea Gavosto dà diversi consigli al nuovo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.

Ma chi è? E perché, attraverso un approfondimento pubblicato sul quotidiano La Repubblica, porge suggerimenti al neo nominato ministro?

Vediamo di cosa si è occupato nell’ambito della scuola:

Direttore della Fondazione Giovanni Agnelli. Ha avviato un programma di ricerca sul tema dell’istruzione. Pubblica annualmente (con l’editore Laterza) i rapporti sulla scuola in Italia affrontando i punti nodali del sistema scolastico e fornendo suggerimenti sulle azioni da intraprendere. È membro del Comitato tecnico scientifico internazionale del MIUR per l’elaborazione delle linee strategiche relative alla costruzione di un sistema nazionale di valutazione delle scuole. È membro della Commissione cultura di Confindustria e consigliere di amministrazione del Censis, di Prometeia (associazione per le previsioni econometriche e della Scuola di Alta Formazione al Management di Torino). Ha svolto ricerche nel campo degli studi macroeconomici e dell’economia del lavoro, collaborando con importanti università e istituti di ricerca in Europa e negli Stati Uniti. È autore, oltre che di numerosi articoli di stampa, di pubblicazioni scientifiche sui temi dell’istruzione, dell’economia del lavoro, dell’economia industriale e della regolamentazione nelle comunicazioni.

Non essendo un personaggio politico, è lecito dire che è “un Tecnico” del settore scuola? Noi di La Voce della Scuola pensiamo di sì. Ma vogliamo anche aggiungere che affianco alla parola “scuola” riecheggia fortemente anche la parola “economia”.

I suoi consigli a Patrizio Bianchi stanno rimbalzando su diverse testate giornalistiche e, di conseguenza, anche su quelle del settore scuola. Noi l’abbiamo letta su orizzontescuola.it

Da qui riportiamo solo i punti salienti e aggiungiamo le nostre caute risposte.

  • Congelare i precari sulle cattedre coperte

Che per un docente, ancorché di ruolo, significa non poter chiedere il trasferimento in una scuola vicino casa. Dove “vicino casa” significa nella tua regione o provincia, non quartiere.

  • Avviare nuovo sistema di reclutamento

Saremmo d’accordo se questo significasse adottare un sistema di assunzione e formazione e quindi di stabilizzazione ma temiamo possa essere un eufemismo di “concorso” se non di “precariato stabile”.

  • Rimediare alla perdita di apprendimenti e di socializzazione causata dalle chiusure scolastiche

Ben venga ma ricordiamoci che ad oggi le scuole sono aperte e funzionanti. Vi si svolgono sia attività in presenza che in didattica a distanza. Ciò grazie alla volontà e alle capacità di tutti i docenti e dirigenti, e di tutto il personale.

  • Avvio regolare del prossimo anno scolastico

Siamo perfettamente d’accordo, soprattutto se questo significasse avere tutti i docenti in cattedra fin dal primo giorno di scuola.

  • Non stabilizzare i precari già lavoranti perché sarebbe una sanatoria

Aspetta, aspetta. Fateci capire bene. Quindi, se (uno a caso) una persona di questo mondo viene assunta in qualità di professore universitario per titoli va bene. Se invece i titoli li ha un docente scolastico non va più bene. È così?

Quindi commenta: “Di questi insegnanti, infatti, si può verificare il titolo di studio, non le capacità”.

Però se questi insegnanti devono insegnare da precari allora vanno bene.

E ancora: “Magari sono ottimi, magari pessimi, ma non lo sappiamo: una volta assunti, resterebbero nella scuola per decine di anni”.

Sì ma detto così sembra che il meccanismo scolastico l’abbiamo inventato noi docenti. Nessun docente si è mai sottratto alla valutazione, infatti facciamo anche i concorsi. Ma, ripetiamo, non è un sistema voluto da noi.

Poi suggerisce: “Congelare in via straordinaria l’attuale situazione, confermando in cattedra per il prossimo anno i docenti di oggi […] così si guadagna un anno per avviare una riforma della formazione e del reclutamento, con l’obiettivo di lunga lena di migliorare la qualità dell’insegnamento e rinnovare la didattica”. E pensa: “Oltre ai sindacati, questa soluzione non piacerà a molti docenti. Di fatto sospende la possibilità dei docenti in ruolo di trasferirsi in un’altra scuola e diminuisce le chance di lavoro dei precari senza incarico. Inoltre, se garantisce che a inizio anno quasi tutte le cattedre siano occupate e ci sia continuità didattica, non dà certezze sulla qualità dell’insegnamento, non potendo escludere la permanenza di chi non ha dato buona prova di sé”.

Quindi: le cose come stanno non vanno bene. Propone allora un’altra modalità ma poi pensa che non solo possa non accontentare docenti e sindacati ma essere controproducente alla sua stessa linea di pensiero.

A posto così.